Il caso Ilva e la 'bonifica culturale'
Mi è capitato di leggere un articolo sull'Ilva del gesuita P.Francesco Occhetta, nel suo sito
http://www.francescoocchetta.it/wordpress/?p=60747&cpage=1#comment-102706
Era un articolo di ottobre. Si continua ormai da qualche anno di parlare di Ilva, come in questi giorni che pare ci sia interesse per l'acquisto da parte di un gruppo imprenditoriale asiatico.
Ho sentito la necessità di scrivere queste poche righe a commento di quell'articolo e riporto di seguito:
Io sono nato a una quindicina di km da Taranto e conosco un po' la situazione tarantina, per quanto viva a Roma da molti anni.
http://www.francescoocchetta.it/wordpress/?p=60747&cpage=1#comment-102706
Era un articolo di ottobre. Si continua ormai da qualche anno di parlare di Ilva, come in questi giorni che pare ci sia interesse per l'acquisto da parte di un gruppo imprenditoriale asiatico.
Ho sentito la necessità di scrivere queste poche righe a commento di quell'articolo e riporto di seguito:
Io sono nato a una quindicina di km da Taranto e conosco un po' la situazione tarantina, per quanto viva a Roma da molti anni.
Mi ha colpito la frase "bonifica culturale",
perché di questo si ha bisogno soprattutto.
Quando è scoppiato il 'caso Ilva' nell'estate del 2012, in
un servizio del TG2 un giovane operaio, padre di due bambini entrambi malati di
tumore, difendeva il suo posto di lavoro e manifestava perché non si chiudesse
l'Ilva.
'Bonifica culturale' mi sembra non solo necessaria ma
estremamente urgente!
A che serve tenere aperta una fabbrica in quelle condizioni
che non solo continua a far morire (di tumore e di morti bianche) ma che
continua a inquinare maledettamente, creando in chi vive lì delle modificazioni
genetiche di cui vedremo gli effetti nelle prossime generazioni. Trascurando
gli aborti mostruosi che finora si sono manifestati.
Mi chiedo, in che ordine dobbiamo mettere la nostra vita
rispetto al lavoro.
Cos'è più importante?
Da cattolico praticante, ho sempre creduto che il valore
della vita è il bene supremo.
Da padre che ha perso una figlia, Caterina (1995-2004) cresciuta a Taranto,
vorrei dire a quegli operai-padri (o malati) che non si può continuare a
lavorare in quelle condizioni, dove l'inquinamento è ancora troppo alto.
Inquinamento dovuto, è il caso di ricordarlo, a scelte
sciagurate della famiglia Riva che per fare profitto ha modificato in peggio le
condizioni di lavoro degli operai e dell'intero impianto, pur sapendo di
inquinare in modo devastante.
Credo che bisognerebbe 'bonificare' quel desiderio di restare
a lavorare in una struttura che continua ad inquinare. Nonostante i tanti aiuti
pubblici si è fatto veramente pochissimo per migliorare la situazione.
Capisco il manifestare per il lavoro, ma non per un lavoro
all'Ilva che continua a produrre morte e devastazione dell'ambiente.
Bisognerebbe ritrovare il coraggio per una scelta radicale.
Essere piuttosto pronti a perdere il lavoro... e non lo so si perderebbe,
perché la sola eventuale bonifica ambientale prenderebbe almeno 20 anni di
lavoro, e non solo per i 7000 operai attuali, ma ce ne vorrebbero anche di più
probabilmente!
La chiusura dell'Ilva darebbe nuovo slancio al turismo,
all'agricoltura e all'allevamento.
Anni fa ho avuto modo di farmi una lunga chiacchierata con
Monsignor Guglielmo Motolese (1910-2005), arcivescovo di Taranto di fatto dal
1957 al 1987, riguardo l'Ilva mi confidò che si era pentito di essersi
prodigato tanto per la costruzione dell'Italsider (poi Ilva) a Taranto. Lui,
come chiaramente tutti, hanno pensato alla crescita economica della città.
Nessuno si è preoccupato di tutte le eventuali ricadute in negativo,
soprattutto se capitava in mano a imprenditori che avevano come loro 'dio' il
profitto.
Siamo nell'anno giubilare della misericordia e papa
Francesco ci esorta a perdonare e a pregare... pregare anche per il nostro
cammino di conversione, che ci porti a perdonare quanti ci hanno fatto del male
coscientemente.
Quindi, 'bonifica culturale' vera andrebbe fatta, mettendosi
di fronte non ai bisogni più quotidiani, ma a bisogni più alti (la tutela della
vita) : anche se ciò comporta sacrifici.
Mettendo la vita al centro delle nostre scelte, credo che Dio non
ci farà mancare il necessario.
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